in ogni gioco come diplomacy, con molti giocatori in contemporanea e molte variabili di posizionamento, il sistema di punteggio cambia completamente il tipo di gioco che si crea e soprattutto come esso viene affrontato dalla gente che vi gioca; anche se si cerca sempre di favorire un gioco al massimo corretto e senza falle, per esprimere al meglio il gioco e cercare al contempo di divertire tutti (perchè di quello si tratta), verrà sempre fuori un sistema per il quale sia "favorita" un tipo di politica.
intendiamoci, nessuna partita è scritta nella pietra, ma per usare il concetto di kaesar il punteggio di questo torneo per esempio favoriva una ripulizia del tavolo, ergo spesso chi partiva in difficoltà era più facilmente sbattuto fuori che ripescato per una allaeanza (questa l'ho sparata, non ho dati alla mano). giusto per fare un esempio, non ho nessunissima intenzione di criticare il sistema; diciamo che però statisticamente la scelta del punteggio pesa alla lunga su una serie di tornei. si potebbe pensare poi che, con un sussueguirsi di tornei, facendo ogni giocatore più la mano con il sistema di punteggi, la cosa degeneri, ma qui siamo nel campo dell'inferenza psicologica pure

essendo stato per anni uno scacchista l'ultimo dei miei pensieri era una "politica extrapartita": ogni partita comincia con la prima mossa e finisce con l'ultima mossa, chiunque sia il tuo avversario. non è mai esistito un filo rosso tra le partite nè tantomeno tra i tornei, e la bellezza di questo, come di altri mille giochi fatti da sistemi di punteggio relativamente facili, è proprio questa: in ogni partita si da tutto per arrivare al miglior risultato possibile partendo dalle condizioni in cui ci si trova, niente mezze misure. reputo questo soprattutto un valore fondamentale nei giochi da tavolo come negli sport, ma soprattutto in un gioco fatto di alleanze e tradimenti.
è logico, ed è su questo che riflettevo, che nel diplomacy il discorso diventa complicato: se devo cercare di arrivare ad un ipotetico top table dovrò cercare di gestire di più le partite, magari evitare di strafare o giocare più contro un diretto avversario per un posto, calcolarmi la quota minima per arrivarci, giocare di strategia e non di tattica; questo può portare a fidarsi di più di chi meglio si conosce, tentarle tutte, schiantarsi subito da suicidi, implorare (si fulvio parlo di te

per evitare un rischio del genere, che rovinerebbe il carattere principale di questo gioco, l'ignoto, il non sapere quello che sta per accadere, l'inaspettato, non sarebbe forse meglio ignorare il sistema di punteggio? avere magari 3-4 tipologie standard, magari anche più sbilanciate ognua verso un tipo di gioco/posizionamento tipico, e utilizzare poi un programma che a fine torneo ne sorteggia una a caso? giocare ogni cavolo di tavolo fino in fondo? sudando anche a fine partita non sapendo se poi le scelte pagheranno veramente?
ripeto, è più un discorso filologico che osservazione della relatà, ho visto fin troppi pochi tornei per poterne parlare da esperto. la mia inoltre è una idea grezza: rimane però il concetto di fondo, se non so cosa mi converrà fare per vincere farò di tutto per arrivare al miglior risultato possibile.
va bhe, io il mio dovere civico l'ho fatto, ditemi la vostra.